Chiunque smetta di imparare è un vecchio, che abbia 20 anni o 80.
Chi continua ad imparare, giorno dopo giorno, resta giovane.
La cosa migliore da fare nella vita è mantenere la propria mente giovane ed aperta.
Così sosteneva Henry Ford e certamente imparare è diventato più semplice e alla portata di tutti, dall’altro l’offerta è cresciuta così esponenzialmente che scegliere è diventato complicato.
Un scontro a colpi di formazione vede contrapporti teoria contro pratica. Cerchiamo di vedere chi delle due vincerà.
Oggi ne parliamo con Giada Cipolletta.
Per chi non conoscesse Giada Cipolletta, Giada è una formatrice, esperta di content marketing e neuroscienze, ha scritto un libro sulla Customer experience che vi invito a leggere.
Con lei parlerò di formazione e di come orientarsi in un’offerta che ogni giorno si amplia e diventa più complessa da navigare. Come sapete questo tema, mi coinvolge particolarmente, infatti non avrei fondato Improovo che si occupa proprio di aiutare le aziende ad avere la formazione giusta dal formatore giusto. Sono convinto che per le aziende oggi il crowdsourcing sia una opzione interessante, ma per i privati? Per i professionisti? Come ci si orienta?
Forse sì, forse no. Chi lo sa. Magari aveva ragione il filosofo indiano Sri Aurobindo quando diceva che “il primo principio del vero insegnamento è che nulla può essere insegnato.” La formazione è certamente un percorso e un processo di trasformazione personale che ci porta, un passo dopo l’altro, a trovare la nostra strada e la nostra voce.
Continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto. Troviamo altre sentieri, altri luoghi nei quali nutrire la nostra curiosità e alimentare le nostre competenze. Se aspettiamo che siano gli ambienti accademici/universitari a fare qualcosa - un po’ come quegli imprenditori che si aspettano che la spinta al proprio business venga dall’alto o dall’esterno - davvero rischiamo di rimanere fermi sul binario mentre il treno ci sfreccia davanti.
Spesso gli ambienti istituzionali non sono pronti a gestire materie liquide, volatili e in costante evoluzione come quelle di cui ci occupiamo. Consideriamo anche che, per moltissimi anni, gli insegnanti si sono adagiati sul confortevole cuscino delle competenze acquisite, sulla letteratura da trasmettere in forma canonica, senza la reale necessità di andare “oltre” (anche perché, spesso, sono loro i primi a non formarsi e a non continuare il proprio percorso di crescita e di arricchimento delle competenze.)
Non vale per tutti, sia chiaro: esistono anche esempi virtuosi di chi ci sta provando e riuscendo.
C’è grande accessibilità, molta più libertà e apertura ma bisogna imparare anche a discernere la fuffa dalla sostanza. Un bravo insegnante può essere un faro, una guida per non disperderci nel mare magnum dell’overload informativo.
A livello etimologico c’è differenza tra i termini docente, formatore e coach, perché è diverso mettersi dietro una cattedra a divulgare nozioni con il guidare/accompagnare i propri allievi, aiutandoli maieuticamente a tirare fuori il proprio potenziale, stimolando la loro voglia di approfondimento, la loro creatività e loro capacità di “rendere proprio” un concetto.
Io mi immagino un bel robot, in grado di imparare grazie al machine learning :-). Abbiamo bisogno di una guida che ci aiuti interpretare il rumore del presente e ci rieduchi all’approfondimento, alla rielaborazione alla sedimentazione. Il fast learning spesso ci fa ingurgitare solo junk knowledge. Dobbiamo (re)impare a masticare e digerire i concetti, con il giusto tempo.
La teoria serve per essere messa in pratica. Tutto si muove molto velocemente e dobbiamo imparare a gestire contestualmente i momenti di apprendimento teorico con quelli di messa in atto. Anche perché se non pratichiamo, non sbagliamo e se non sbagliamo… non impariamo!
Sono d’accordo con te, il professionista italiano ha bisogno di casi specchio, perché come ci insegnano le favole, è grazie agli esempi che si apprende la morale. Il ruolo del formatore, in questo caso, è davvero importante: deve imparare a studiare, ascoltare e osservare i suoi allievi (utenti /target/personas - chiamali come vuoi) e cercare di cucire le proprie metodologie sulla loro quotidianità lavorativa. Non si può continuare a parlare di empatia e poi non metterla in pratica. E un’altra cosa: spesso le idee creative migliori arrivano da esempi non verticalizzati nel settore specifico, ma da contaminazioni con ambiti anche diametralmente opposti.L’abilità sta nel prendere, rielaborare e ricontestualizzare, mettendoci la propria voce.
Dio ce ne scampi e liberi! A volte non abbiamo bisogno di imparare cose nuove ma di comprendere meglio quelle che pensiamo di aver già acquisito. Ogni cosa, infatti, può essere letta e analizzata da più punti di vista, regalandoci, in tempi e contesti diversi (anche emotivi), sfaccettature, declinazioni e colori sempre nuovi. Aver voglia di conoscere e curiosare in più ambiti non è un male assoluto,anzi, ben venga la voglia di esplorare. Tuttavia, frammentare troppo la propria formazione può non essere la soluzione: impariamo un po’ di tutto ma, alla fine, sappiamo poco di niente. Senza dimenticare che, come dicevamo, a tutta questa parte teorica deve affiancarsi quella - imprescindibile - dello “sporcarsi le mani”.
Non ci sono più scuse. Grazie a internet possiamo accedere a tutte le informazioni che vogliamo. Diverso è se vogliamo frequentare quel corso con quell’insegnante particolare o vivere un’esperienza in un luogo che abbiamo sempre sognato. Però rispetto al passato, se abbiamo voglia di impare possiamo usare il web, le app, i podcast, vedere i tutorial su you tube, fare corsi online o onsite, leggere libri (esistono ancora eh!), vivere esperienze sensoriali per sentire sinesteticamente su di noi gli effetti della pratica, possiamo sperimentare la realtà aumentata, immergerci nella conoscenza con il VR o provare l’ebbrezza di avere come insegnante un robot o un ologramma.
Sono il capitale che serve per il presente, senza il quale non possiamo costruire il futuro. In fondo la formazione è l’allenamento della mente a pensare, un processo esperienziale di trasformazione ed evoluzione delle nostre capacità che richiede ricerca, analisi e introspezione per ritrovare il vero maestro, quello che è dentro di noi.
Nella puntata abbiamo citato "Fatti di Podcast" che è una Podcast Community Italiana a cui si accede se si è veramente appassionati di podcast.
Il libro di Giada Cipolletta si intitola "Customer experience. Fai marketing di valore nell'era dell'esperienza"
Il podcast si Giada si chiama Buzzword e lo trovate su Spreaker.
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Qui le istruzioni:
https:/www.merita.biz/sostieni.
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