Cliché, luoghi comuni, metafore trite e ritrite allontanano i tuoi lettori come il repellente fa con le zanzare. Per ogni "leader di mercato", per ogni "a 360 gradi", per ogni “vero segreto” svelato, per ogni "guida definitiva" da scaricare (mamma mia quante ne ho lette nei siti dei guru digitali di guide definitive alla qualunque), centinaia di clienti fuggono a gambe levate fra le braccia dei tuoi concorrenti.
Perché?
Perché questi modelli comunicativi sono talmente usati e abusati che ormai hanno perso la loro spinta.
Per uscire proprio da questo impasse ho pensato di chiamare Annamaria Anelli perché la scrittura è il suo lavoro e chi meglio di lei avrebbe potuto darci una mano a capire come correggere la rotta.
Ascolta "Storytelling: come evitare di fare schifo nel raccontare prodotti e servizi" su Spreaker.Ti è piaciuta la puntata? Dillo su Twitter.
Che cosa fa Annamaria Anelli? Per chi non la dovesse conoscere Annamaria Anelli aiuta le persone a raccontarsi in modo semplice e vero.
Hai una storia da raccontare? Un B&B che curi come un figlio? Un’azienda che è un pezzo di cuore? Se hai tutto ciò ma non hai le parole per scriverlo, Annamaria è la persona gusta a cui rivolgersi.
No che non siamo obbligati, e lo ripeto anche qui. Le storie le possiamo narrare quando c’è una struttura sotto che riusciamo a rendere evidente: un protagonista che vive più o meno tranquillo, gli succede qualcosa, esce dalla sua normalità, gliene capitano di tutte e si batte per ritornare in sella. Senza questo movimento, che è quello dei film e degli spot più famosi, non c’è la storia, c’è una buona descrizione. E nel mio nuovo ebook parlo proprio di questo.
I cliché sono la nostra copertina di Linus. Non siamo cattivi, siamo pigri e abitudinari. I cliché sono quelle parole che in quel contesto descrivono sempre allo stesso modo quel prodotto, quel servizio o quella realtà. Da a due passi dal centro degli agenti immobiliari al celeberrimo leader di mercato che serve un po’ per tutti: aziende, professionisti, organizzazioni, parrucchieri, web vattelapesca. Io professo l’uccisione dei cliché perché i cliché uccidono la fantasia, la creatività e, in generale, la buona scrittura. Che è quella che piace invece a chi legge la nostra brochure, il nostro sito, il nostro messaggio transazionale.
La strada, la mia strada, quella che professo io senza sosta, è il ritorno al dettaglio. La personalità abita nei dettagli. Descrivo che cosa faccio io con parole concrete e semplici, vedrai se il mio chi sono o il mio cosa faccio non brilla! Descrivo che cosa è una casa a due passi dal mare: la casa, che è piccola e con due sole stanze, ha una particolarità che te la farà amare al primo battito di ciglia. Quando ti affacci dalla finestrella della cucina, quella sotto lo spiovente del tetto, vedi il mare. No, senza binocolo. Il mare è lì. Tu guardi lui, lui guarda te. Ecco, questo è un esempio che mi viene così, però è per farti capire che appena diventi concreto, crei immagini, e quando crei immagini la mente delle persone inizia a immaginare luoghi e ambienti. Ed è fatta.
Descrivere un servizio è più complicato che descrivere un prodotto, sì. Con la casa che guarda il mare puoi scrivere come prima, col servizio di hosting ti sembra impossibile, ma la strada è la stessa: andare nel concreto, scovare che cosa fai come nessun altro e puntare su quello, far parlare i clienti soddisfatti, creare comunità. Stare lontano da come scrivono tutti gli altri.
Posso solo rispondere che hai fatto benissimo. Per me il ritorno alla concretezza dei contenuti e delle etichette è la strada maestra, fare davvero la differenza. Guarda che lo so che suona strano, forse paradossale: ma come, in epoca di iper-specializzazione non è meglio iper-classificarsi? No, perché le etichette mica le guardiamo. Vogliano aprire il barattolo e sentire il profumo. Così con le persone: sì, scrivimi pure che sei un web analyst senior consultant, però poi io voglio parlare con te e grattare la superficie, sentire come parli, vederti alle prese con un po’ di pressione, dare un’occhiata a un tuo lavoro. Mica ti compro per l’etichetta figa. Consulente di marketing mi dice invece due cose di te: che ti occupi di marketing e che sei un tipo asciutto, cioè che non sei un banfone. Il resto lo leggo dalle esperienze che riporti e poi lo metto alla prova quando ti parlo.
Io ne sono innamorata, infatti mi crea molta ansia l’attesa. Mi chiedo spesso: e se poi in chi legge l’ebook non si innesta lo stesso pathos? Eh, cavoli amari. È un ebook diverso dal primo, Scrivere email, costruire relazioni. Io sono sempre io, senza paroloni, giù dalla cattedra e col sorriso. Però sono anche un po’ diversa. Parlo di serie Tv, le mie preferite, cito Sepùlveda, Calvino (ma anche l’Estetista Cinica – Cristina Fogazzi che è una copy coi contro fiocchi). In alcuni tratti sono più intima, ecco. Parlo di quanto noi che scriviamo per lavoro dobbiamo sforzarci per levarci la parola storytelling dalla bocca. La mia teoria è che la maggior parte delle volte noi non narriamo storie, ma descriviamo molto bene, raccontiamo con una buona o buonissima scrittura, che è quella che fa stare bene chi legge. Per me viaggia tutto intorno al lettore: se quando leggo sto bene, significa che chi ha scritto quella scheda prodotto ha usato tutta la cura possibile. E io faccio click su compra. Fatto. Poi, se non c’è davvero una storia sotto, poco mi importa. L’importante è che tu che scrivi ti prenda cura di me, come se fossi lì, come se mi parlassi negli occhi, come se chiacchierassimo insieme. Rendo l’idea?
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Potete seguire Annamaria Anelli sul suo sito aanelli.it, vi consiglio di iscrivervi alla sua newsletter.
Mentre i suoi libri li potete trovare su Amazon eccoli: