FoodPorn è uno degli hashtag più utilizzati del web ma sai qual è la sua storia?
Come giudichi le persone che si alzano al ristorante per fotografare ? il cibo?
Pensi che ormai l'hashtag #FoodPorn sia ormai inutile perché usato massivamente anche a sproposito?
Se anche tu ti poni queste domande la puntata di oggi è fatta apposta per te. Approfondire questi aspetti con una vera esperta del digital marketing per il settore food: Nicoletta Polliotto.
Per chi invece non conoscesse Nicoletta Polliotto, Nicoletta possiede una ventennale esperienza nel settore della Comunicazione Online e del Web Marketing.
Dice di sé, di essere alla continua ricerca di soluzioni innovative e performanti per Hotel, Ristoranti, PMI.
O forse Sesso e Cibo sono stati sempre un’ossessione o meglio una comfort zone per gli antichi romani che comprendevano come la chiave del benessere fosse nell’equilibrio tra lavoro, studio, successo da un lato e relax e piacere conviviale dall’altro?
A parte la tua provocazione, io non ci vedrei nulla di così apocalittico e allarmante. Le mode , i tic, il bisogno di accettazione sociale ci portano a seguire i greggi…Gli chef sono in TV considerati i nuovi superhero. Non c’è giornata che non cominci con un’immagine della propria colazione o un selfie con cornetto?
Poi ci piace vincere facile: magari più tardi entrando nel cuore dell’argomento vedremo le motivazioni e i meccanismi, ma non dirmi che non sia evidente come le immagini di cibo succoso, cremoso, gustoso facciano venire l’acquolina in bocca. Evocano profumi e sapori e quindi ricordi.
Raccontano un’esperienza sensoriale, tra l’altro una di quelle in cui tutti i nostri sensi vengono coinvolti. Diciamo anche che la rapida diffusione delle immagini in rete è bivalente: da un lato ci aiuta con efficacia a veicolare messaggi anche commerciali o a fare branding. Dall’altro sta influenzando il nostro comportamento di ricerca e le nostre scelte. Le immagini fornite dai Brand o prodotte e condivise dagli utenti fanno leva su chiavi emozionali, influenzano il nostro umore e comportamento, cambiano le nostre abitudini di condivisione e relazione.
È chiaro che di fronte a un fenomeno di tali dimensioni il Brand deve conoscere, cavalcare e portare a proprio vantaggio questi cambiamenti.
Con il diffondersi di dispositivi mobile sempre più “smart” e performanti siamo divenuti tutti un po’ fotografi, complice l’indice di gradimento, per engagement e condivisione, degli scatti food.
Novelli critici eno-gastronomici, quando scriviamo una review su TripAdvisor, Yelp o 2Spaghi. Come fossimo Veronelli o Visintin.
I blog dedicati al cibo si moltiplicano con ritmo esponenziale. Sui nostri nuovi tic prevale un aspetto dalle dimensioni devastanti: non assaggiamo piatto prima di averlo fotografato … qui nasce il Food Porn. In buona sostanza noi tutti produciamo e condividiamo (e troviamo) con crescente maestria testi, immagini e video.
https://youtu.be/2BXRGzjo1_Q
L'imprenditore della Ristorazione deve comprendere i meccanismi e capire come plasmare sui propri obiettivi, mode e tendenze sia attraverso gli UGC (User Generated Content, prodotti da ospiti e lettori) sia con il Content Marketing, realizzando contenuti funzionali alle sue strategie di marketing e vendita.
E deve progettare con molta cura la creazione e la diffusione dei contenuti: non basta una foto di un piatto buttato qua e là tra le piattaforme sociali senza un “piano di battaglia”. Il primo passo è individuare e sfruttare le tendenze ma anche le abitudini di ricerca e di prenotazione dei lettori che si informano sul web. E poi progettare.
La FoodPorn Photo è l’immagine costruita che il foodies, il food blogger, il marketer, il ristoratore, lo chef propongono in modo un po’ ruffiano e compiacente per conquistare l’utente
La Foodtography è l’immagine condivisa dall’utente che solitamente viene scattata appena arriva il piatto oppure inseguendo una mise en place. Va molto a discapito del bon ton e della convivialità (quindi della relazione umana) ma molto a vantaggio della relazione digitale e soprattutto del marketing del marchio!
Noi tutti amiamo evocare e anticipare le sensazioni che vivremo e anche un po’ torturarci in attesa di scatenare la sensualità del mangiare–gustare–assaggiare–provare. È molto gratificante, inoltre, condividere le emozioni e le esperienze enogastronomiche soprattutto in vacanza, riuscendo a farlo meglio e con maggiore rapidità attraverso un’immagine. Da qui la produzione o la richiesta crescente di Food Porn Photography.
Il termine è però a mio avviso abusato, confuso, frainteso e per fare chiarezza farei un passo indietro, breve digressione sul termine ora tanto in voga che negli anni ha profondamente modificato il suo significato.
Fu usato per la prima volta da un’autrice femminista, Rosalin Coward, in un suo libro del 1984, Female Desire: Women's Sexuality Today dove sosteneva che cucinare e presentare un piatto rifinito e ben allestito (anche raffigurarlo in un’immagine fotografica quindi ben illuminato e impiattato) rappresentasse un dono, un gesto di servizio, di offerta, spesso però esasperandone le caratteristiche sino a rasentare non il gesto d’amore ma la pornografia. Si supera il concetto del dono e della persona che l’ha creato sottolineandone solo la valenza esteriore e la funzione di scatenare il desiderio proprio come una pulsione sessuale.
Dove si innesta compiacimento ma anche perdita di identità e sottomissione, scatta la pornografia.
Ovviamente l’autrice – e non è la sola – parte da una connessione tra cibo e sesso, ma questo non è l’oggetto della nostra discussione. Il concetto di pornografia si trasla sul food.
Negli USA sul finire degli anni ’80 l’etichetta #FoodPorn venne poi usata in contrapposizione ai cibi leggeri e sani, quasi sinonimo di Junk Food (cibo spazzatura). Applicando questo concetto alla fotografia ci si riferisce a immagini sgraziate, esagerate: piatti da fast food, ricchi di creme, salse, abbondanti nelle dosi e iper-generosi negli ingredienti poco salubri.
In UK per contro il concetto è stato subito associato alla giocosità e al piacere, assegnandogli un’accezione attraente e appetitosa.
Oggi anche se siamo nell’era dell’esasperazione, ci troviamo di fronte a una contro tendenza.
Nonostante il dilagare di programmi quali Man Vs Food di Adam Richman oppure Orrori da gustare, ma anche i vari Cucine da incubo, Restaurant Impossible con Robert Irvine, tendenzialmente eccessivi, abbiamo una convergenza globale verso un’accezione di FoodPorn, scatto fotografico ben composto, ricercato, con una curata mise en place e una ricerca di qualità in termini tecnici, di luce, di racconto.
Nel frattempo, come si accennava, dal 2000 sul web, forum, gruppi di discussione, blog a tema food si sono moltiplicati esponenzialmente. Sino ad arrivare al panorama odierno: con i social media il fenomeno ci è esploso tra le mani.
Con la possibilità di assegnare un’etichetta a un post o a un pezzo di contenuto con funzione di keyword favorendone la sua ricerca e individuazione (parlo ovviamente dell’#), individuare dei topic o termini forti è diventato indispensabile. Anche e soprattutto se lo associo a una immagine .
E qui si innesta il successo planetare di #FoodPorn soprattutto su Instagram.
Fai una prova, vai su Instagram e digita l’hashtag #FoodPorn: il risultato, a oggi, è di ben 102.407.816 immagini postate e così etichettate; figurati che erano 97.746.609 il 13 settembre 2016 alle ore 10:37. Numeri impressionati.
D’altro canto su Instagram troviamo 192.583.470 post con #Food. Sono sicura che controllando ora i numeri sono lievitati vistosamente.
In Italia la moda è leggerina e un po’ caciarona. Ma c’è una recente tendenza a foto di qualità e soprattutto le food blogger italiane stanno migliorando moltissimo nella qualità e la cura degli scatti. Vi faccio l’esempio del food blog Oggi Pane e salame, Domani… La Food blogger ha compreso come sia indispensabile studiare e lavorare su ottimi scatti fotografici
Un altro esempio italiano anche se un po’ più spostato sulla provocazione è l’account Instagram di Italy Food Porn che ha anche una pagina Facebook con numerosi fan.
L’Hashtag più utilizzato è ovviamente #ItalyFoodPorn.
Sì, è vero. l’immagine funziona e lo dice anche la saggezza popolare.
Per fortuna è un po’ meno usato il tormentone “L’immagine vale più di mille parole”…non perché non avesse validità ma perché lo dicevano tutti, sempre.
Cerchiamo di essere meno superficiali e rispondiamo con l’ausilio della scienza.
Le immagini funzionano perché:
Vediamo queste motivazioni nel dettaglio.
Diminuita la soglia dell’attenzione
Da uno studio apparso su Social Times in un’infografica del 2016 si evince che mentre nel 2012 la media dell’attenzione umana a uno stimolo esterno era di 12 secondi, nel 2015 è scesa a 8 secondi, un secondo in meno della capacità di concentrazione del pesce rosso (o golden fish come lo chiamano gli americani!)
Tempi rapidi per far arrivare un messaggio
Bastano circa 17/50 millisecondi per la prima impressione positiva o negativa dell’utente che atterra sul tuo website.
Poi funziona la regola dei 3 secondi come la chiamo io. In meno di 3 secondi l’utente decide cosa fare.
Mi piaci = resto
Non mi piaci= rimbalzo
La scienza ci conferma che la media del tempo per essere persuasi è di 2,7 secondi.
Ricordiamoci che avendo poco tempo, giocarci la carta dell’immagine è una mossa molto astuta (img viene elaborata in 1/10 di secondo), you know!
La memorizzazione del messaggio
Semplice: di un messaggio testuale dopo 3 giorni ricordiamo il 10%, di un’immagine accompagnata dal testo il 65%!
Quindi io - come marketer - devo conoscere i meccanismi della psicologia percettiva, cognitiva, comportamentale. Devo usare, conoscere, approfondire il neuromarketing.
Non devo immaginare un approccio troppo dotto alla creazione dei website e neppure una strategia che risulti manipolativa, come un Grande Fratello orwelliano.
Il Neuromarketing è una semplice applicazione dei principi di psicologia comportamentale che ci aiutano a creare un website a basso indice di stress per il nostro utente.
Ci consentono di progettare siti web a basso attrito per l’utente, ideando una navigazione fluida e intuitiva senza intoppi: serve a non frapporre ostacoli tra l’esperienza dell’utente e il suo raggiungimento dell’obiettivo.
Serve a far confluire l’interesse del lettore e l’interesse del brand verso un unico goal: la conversione. Dalle argomentazioni sviluppate prima comprendiamo come sia utile anzi indispensabile e performante l’utilizzo di immagini. Sapiente e anche un po’ gaglioffo.
Non dimentichiamo l’importanza dell’impatto visuale delle immagini nello spazio, sugli schermi. Devo anche prevedere come gli elementi vengono percepiti nello spazio, individuati, scelti, preferiti.
Ve lo ricordate l’immagine The Dress nel 2015: la condivisione non fu solo virale ma inarrestabile. Avete immaginato cosa ci fosse dietro? Nessuno si è soffermato sul vantaggio economico di quel tormentone?
Il portale di ecommerce (nonché brand di design che ha firmato il famoso abito) Roman Originales ha aumentato il Traffico organico dopo la “campagna” #TheDress in pochi giorni del 420% e la vendita di quell’abito del 560%.
Un nuovo studio - condotto dall’agenzia Fractl - sostiene che l’emozione combinata ad altri fattori sia la spinta che porta alla condivisione dell’immagine, con conseguenze importanti per il brand.
Il Modello teorizzato è Pleasure - Arousal - Dominance (PAD)
Piacere- Eccitazione- dominio
Prendiamo a esempio un’immagine di un cucciolo di tigre magari in pericolo di estinzione o di morte: è un cocktail di piacere, eccitazione, ma io devo sentire il controllo! non posso far prevalere a esempio la paura.
Perché poi condivido le immagini degli influencer di quelli che io sento mie guide e guru? Perché l’ammirazione è un sentimento in cui io penso di esercitare il controllo (anche se in realtà è una forma di sottomissione). Anche l’ispirazione di un grande personaggio (es immagini con quote) mi fanno sentire protetta e quindi mi fanno esercitare il dominio.
Per avere il controllo dell’eccitazione e delle emozioni anche quando hanno una valenza negativa.
Poi c’è l’elemento sorpresa. Quello influisce moltissimo perché coincide con l’evento inatteso nello storytelling nel ciclo dell’eroe… l’importante è che io senta di avere sotto controllo tutto e che ci sia una Happy-end.
Ecco perché quando qualcuno parla di questioni serie e sociali o affronta in modo problematico o dubitativo una questione, magari andando contro il parere del guru di turno, viene tacciato di essere “sfigato” e iettatore.
Io prediligo il Modello VAD: Valence - Arousal - Dominance
Dove al piacere in senso ampio è sostituito un modello valoriale. ma non è per tutti gli utenti.
Ecco perchè funzionano i bimbi che ballano, i gattini che si stiracchiano e il cibo… tanto cibo!
C’è un video che visionavo l’altro giorno in cui ci sono tutti questi sentimenti/sensazioni in gioco e formano una ricetta pressoché perfetta
In 2 minuti si raccolta con qs video su YouTube la storia di un pompiere che salva la vita di un gattino che stava per morire in un incendio.
E dentro c’è la storia dell’eroe, che salva il debole in pericolo. C’è il piacere tramutato in tenerezza e commozione.
C’è l’eccitazione: prima la paura poi la GIOIA di aver salvato il poverino in pericolo. Il Controllo è immedesimarsi nell’eroe: il pompiere.
Condito con sorpresa, con tenerezza… bla bla bla …
Ma dietro passano anche messaggi importanti. Il ruolo sociale dei pompieri. Che anche nei piccoli gesti c’è eroismo. Che tutti noi possiamo essere eroi.
Si combatte anche la crisi: magari è frutto di accuse ai vigili del fuoco di svolgere solo servizi futili e inutili per la comunità.
Tac e scatta il modello VAD!
Poi la sostenibilità, l’animalismo… etc etc
Se vi va di vederlo… scommetto che piacerà a tutti
https://www.youtube.com/watch?v=CjB_oVeq8Lo
Vi voglio raccontare questo
Un’immagine realizzata con arte e sapienza sarà utilissima per il vostro brand (cavalcare il Food Porn) e l’abbiamo visto e dimostrato.
Lasciare che il proprio ospite si senta a suo agio a fare immagini del piatto e a condividerle ci farà fare BINGO (Foodtography)
La Saint Joseph’s University di Philadelphia e Università di San Diego hanno recentemente presentato uno studio che analizza il fenomeno delle Foodtography.
Lo studio ci racconta che quell'immagine catturata con lo smartphone «ritarda il momento del consumo, e ciò amplifica l'idea di piacere associata al cibo che si fotografa. Quest'idea a sua volta “esalta l'esperienza nel momento vero e proprio in cui si mangia”, spiegano gli scienziati. Un po' forse lo avevamo capito a furia di #foodporn dei nostri piatti preferiti, ma questo studio ha provato che scattare fa sembrare più gustosi anche i cibi leggeri e meno amati.
Un altro studio del 2012, intitolato I rituali migliorano i consumi condotto da Carlson School of Management, University of Minnesota e la Harvard Business School, Harvard University,
prova che un piccolo rituale pre-pranzo amplifica la percezione positiva dell’esperienza gastronomica. Inoltre più viene prolungano il “rito” più il pasto è percepito come piacevole e gustoso. Ha funzione rassicurante, inoltre l’attesa amplifica l’emozione. Meglio effettuare il rito piuttosto che guardarlo perché l’effetto è più partecipato e quindi più gradevole.
Inoltre si inizia il pasto con un approccio positivo che potrebbe favorire gli acquisti e la percezione non solo gustativa e organolettica ma anche la percezione del valore e quindi la propensione a spendere di più.
Quindi questo piccolo rito- se favorito - migliora il business. Progettare un concorso per scatti del piatto, una campagna con un Hashtag mirato e personalizzato, favorire la condivisione con l’utilizzo free di una potente wi-fi sono mezzi per garantire il successo online di un ristorante. O per favorirlo.
Non pensiamo che la Foodtography sia altruista e generosa. Sì spesso la condividiamo anche per il piacere di far sapere agli amici e ai parenti dove siamo (Sigh!) e cosa stiamo facendo (sob!)
Ma è anche un bisogno di autoaffermazione sociale (se siamo in un ristorante importante o stellato o in un paese lontano ed esotico). E di nuovo scatta il bisogno di affermazione sociale.
La assimilo un po’ al selfie moderno autoritratto la cui condivisione simultanea su più piattaforme sociali ci consente una riflessione digitale su noi stessi e sulla nostra vita
NO per riflessione non intendo purtroppo un’analisi ragionata dei nostri comportamenti! 🙂
Anche il selfie può essere sfruttato dai brand...
Potete trovare Nicoletta sulla sua brand page Facebook di Muse Comunicazione
Dove propone una rassegna stampa quotidiana su Digitale e Travel.
Poi sulla pagina Facebook di CnR - Comunicazione nella ristorazione, con daily news su Food e Digitale.
Ma anche su Instagram @musecom.
Su Pinterest @Nicoletta Polliotto
Su Twitter @musecom @comristorazione
Come non citare il blog CnR - Comunicazione nella Ristorazione
Infine invito a dare uno sguardo (e volendo a scaricare free le prime 30 pagine) al libro
Ingredienti di Digital marketing per la Ristorazione che Nicoletta ha 4 mani con Luca Bove e di cui avevamo parlato nell'episodio numero 18 del podcast.
Appuntamenti offline (che io sempre prediligo):