Adidas vs Puma: quando la rivalità è il segreto del successo

Adi Dassler fondò l'Adidas nella lavanderia della madre riciclando pezzi di una bicicletta. Poi litigò col il fratello e il successo arrivò con la rivalità.
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Fino agli inizi del secolo scorso tutti gli sportivi calzavano le stesse scarpe. Indistinte, tutte uguali, delle semplici scarpe. Poi un giorno, in un paesino bavarese qualcuno si prese la briga di chiedere agli sportivi di cosa avessero bisogno, creando così un impero.
Agli inizi degli anni 30, in una città dal nome davvero impronunciabile, c’era un giovane uomo, Adolf Dassler, soprannominato da tutti Adi, che amava particolarmente lo sport.
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Era nato il 3 novembre del 1900, da una lavandaia e da un ciabattino. In realtà il padre di Adi era un imprenditore che era stato costretto a chiudere la sua impresa tessile, che per tirar avanti la famiglia faceva il ciabattino in una ditta Paese.
ADIDAS vs puma: quando la rivalità è il segreto del successo
Adi amava lo sport, qualunque sport. Era appassionato di corsa, atletica leggera, calcio, sci, box...non c’era sport che non riuscisse a catturare la sua attenzione.
Agli inizi del 1900 ogni sport aveva più o meno lo stesso equipaggiamento. Adi non pensava fosse giusto che le scarpe dovessero essere identiche per ogni attività sportiva. Solo scarpe. Senza nessuna connotazione specifica sia che uno corresse sia che calcaisse un pallone, sia che salisse sul ring.
Così decise di produrre lui stesso, le scarpe per gli sportivi. In fin dei conti era il figlio di un calzolaio!

Adi DasslerMa la guerra arrivò e spazzò via i piani del giovane Dassler: nemmeno maggiorenne venne spedito al fronte.
Fu un’esperienza traumatica che lo segnò profondamente. Promise a se stesso che non avrebbe più sprecato tempo e tornato a casa iniziò a produrre scarpe dentro la lavanderia della madre. Ricavando il macchinario riconvertendo i pezzi di una vecchia bici.

Adolf iniziò a sperimentare una quantità impressionante di materiali per disegnare la scarpa perfetta per ciascuno sport. Accumulò moltissimi brevetti che vedevano impiegate le pelli più strane da quella di squalo a quella di canguro. Il primo paio di scarpe venne realizzato per la corsa, del resto l’atletica lo aveva sempre appassionato.
Le fece in cuoio e attaccò sotto la suola dei chiodi che avrebbero dovuto dare più grip durante la corsa.

La novità venne accolta fra risate e scetticismo. Gli dissero che non avrebbe mai funzionato.

A credere in lui fu il fratello maggiore Rudolf.
Rudolf Dassler era un venditore nato e iniziò a lavorare insieme ad Adi apportando il suo contributo di uomo d’affari. Fu così che nacque la fabbrica di scarpe dei fratelli Dassler.

Negli anni 30 arrivò la svolta. In quegli anni i giornali erano pieni di notizie su Jessie Owens. Owens era uno sprinter americano molto forte. Un frantumatore di record e Adi decise di scrivergli offrendogli gratis le sue scarpe.

Adi gli propose di costruire un paio di scarpe da corsa fatte apposta per lui e con le quali avrebbe potuto competere nei prossimi giochi olimpici di Berlino.
Owens accettò di buon grado e andò a Berlino a vincere 4 ori olimpici infastidendo moltissimo Adolf Hitler.

Fu così che nacque l’influencer marketing!
Il mondo dello sport non aveva mai visto scarpe come quelle e gli ordini iniziarono a fioccare da tutto il mondo.

Adidas vs Puma

Purtroppo, appena aperta la nuova fabbrica e iniziata l’espansione all’estero scoppiò la seconda guerra mondiale cambiando il mondo per sempre.
Per mantenere in vita il business i fratelli Dessler si iscrissero al Partito Nazista di Hitler. Adi aveva sempre creduto nel valore dello sport, alla sua capacità di unire persone di razze e culture differenti. Essere iscritto al partito nazional socialista non lo rendeva felice. Con l’arrivo della seconda guerra mondiale, entrambi i fratelli vennero arruolati, ma Adi venne congedato per gestire l’azienda.
Così Rudolf rimasto solo a combattere inizia a covare del risentimento. Davanti a tale ingiustizia si riempie di gelosia per il fratello diserta e viene arrestato.

Alla fine della guerra, quando torna a casa, Rudolf è accolto da un'altra spiacevole sorpresa: gli alleati lo prendono in custodia perché sospettato di collaborazionismo. Qualcuno lo ha accusato di aver lavorato con la Gestapo. I sospetti di Rudolf ricadono immediatamente su suo fratello che nel frattempo sta facendo affari d’oro con gli americani. È la goccia che fa traboccare il vaso. L’odio si accende, non si parleranno mai più.

Adi però non getta la spugna, anche lui è furioso con il fratello, non vuole dargli la soddisfazione di mollare e grazie agli aiuti americani per la ricostruzione del dopoguerra riuscì a far ripartire la fabbrica. Gli serviva solo un nome. Provò qualche combinazione di nome e cognome, ma erano già tutti nomi di azienda esistenti, così partorì un brand completamente nuovo: Adidas. Qualche anno dopo, aggiunse come marchio registrato le tre strisce di cuoio che usava di lato per dare stabilità al piede in ogni scarpa da lui prodotta.

Entrambi i fratelli puntavano sui testimonial, convincendo atleti di fama ad indossare le loro scarpe ed implicitamente a schierarsi nei loro litigi. Ma Adi, nel 1954 segnò un punto fondamentale nella crescita della sua azienda. Per i mondiali di calcio la nazionale della Germania Ovest avrebbe indossato le sue scarpe per tutto il torneo, compresa la finale contro l’Ungheria che le conferì il titolo di campione del mondo.
Ma la vera arma segreta di Adolf Dassler fu suo figlio Horst. Horst è sempre stato un personaggio un po’ controverso sebbene molto determinato a far trionfare la sua azienda nella sfida con lo zio.
Nel 1954 si racconta, che corruppe i portuali a Melbourne così da non far scaricare l’attrezzatura della Puma .

Negli anni a seguire l’azienda continuò a sviluppare nuove tecnologie, brevetti e soprattutto a sperimentare nuove idee che venivano suggerite dagli sportivi.
Nel 1960 il 75% degli olimpionici indossavano scarpe Adidas, e in quelle del 1972 l’Adidas firmò un accordo affinché tutti gli arbitri mettessero lo scarpe con le tre strisce in cuoio.

L'era degli influencer

Adi Dessler era uno che alla fine sapeva coltivare bene i rapporti e non fu per lui difficile creare un brand così forte da essere desiderato dagli stessi atleti internazionali.
L’era dei grandi influencer era iniziata e Adidas aveva dalla sua Dick Fosbury il re del salto in alto, la ginnasta Nadia Comaneci, le leggende della boxe Muhammad Alì e Jo Frazier. Solo per citarne alcuni, perché la lista sarebbe davvero lunghissima.
Adi morì nel 1978, tutta la sua famiglia lavorava in Adidas, e a succedergli fu il figlio Horst. Ovviamente la politica aziendale non cambiò.
Nel 1998 la Nike sponsorizzò per una cifra astronomica la nazionale brasiliana di calcio ai campionati del mondo. Nike investì moltissimo in una costosissima campagna pubblicitaria, ma la coppa la vinse la Francia, che indossava le nuove Adidas “Predator”. Quando Nike firmava con il Manchester United, Adidas ingaggiava David Beckham. Adidas alla fine era sempre un passo avanti. Ora, non proprio sempre, nel 2006 l’Adidas sponsorizzò ai Mondiali di Calcio la Francia, mente la Puma sponsorizzava l’Italia. Bene, sapete tutti come andò a finire...

Run DMC

Non solo sport

Un aspetto interessante del marketing di Adidas fu quello di affiancare allo sport anche altri nicchie di mercato. Infatti l’Adidas espanse quello che potremmo chiamare influencer marketing anche al mondo HipHop e al mondo del cinema. Volendo fare due esempi soltanto, Adidas mise sotto contratto i Run DMC e sponsorizzò la popolare serie TV di Starsky & Hutch. Chi pensa però che questo successo planetario sia dovuto solo al marketing si sbaglia. Adidas ha sempre investito tantissimo in ricerca e sviluppo. nel 2000 il nuotatore australiano Ian Thorpe si presentò ai giochi olimpici di Sidney con un bizzarro costume intero, con il quale vinse 3 medaglie d’oro.

Il segmento di mercato a cui si rivolve l’Adidas è quello medio alto. Per avere successo questo brand ha capito subito che il marketing è utile ma da solo non basta. Quello che conta è il prodotto, il valore che esprime il prodotto per gli acquirenti. Per convincere il pubblico altospendente è necessario comprendere le motivazioni e le aspirazioni dei singoli, capire il loro stile di vita, il livello del loro amore per lo sport. Anche in questo caso, a fare la differenza, non è l’idea geniale, ma l’ascolto costante e la ricerca costante. Qualche volta si sbaglia, ma a lungo termine si vince sempre.

Note della puntata

Vuoi sapere qualche cosa in più sulla storia di Adidas e Puma?
Allora puoi leggere: "Sneaker Wars: The Enemy Brothers Who Founded Adidas and Puma and the Family Feud That Forever Changed the Business of Sports" il libro di Barbara Smit che ha ispirato questa puntata.

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